28/10/08
MUSICA: ASCOLTI MULTIPLI #5
TAKE BACK THE CITY/SNOW PATROL
Lo ammetto, quando esce un disco particolarmente importante (almeno per me), come il nuovo album dei Cure, divento monotematico. Oggi però ho cercato di forzarmi, ed ho dedicato del tempo agli UNKLE, ed agli Snow Patrol.
Nel 1998, mi trovavo a Londra quasi per caso, proprio nell'estate in cui usciva il primo album degli UNKLE, ed i negozi di dischi infestati dalle sagome degli alieni sbarcati dalla copertina di Psyence Fiction mi fecero una grande impressione. Sarà che oggi piove, ma a distanza di anni, le oscure suggestioni del collettivo musicale di James Lavelle e dell'ultimo End Titles... Stories For Film me le sono proprio godute... Non si tratta di un vero e proprio album, ma di una serie di pezzi idealmente abbinati ad "immagini in movimento", frames di film. Alcuni sono brevissimi, come il minuto dark di Kaned And Abel, altri sono veri e propri brani che vedono, come sempre, la collaborazione di ospiti importanti come Josh Homme (Chemical), il regista Abel Ferrara (Open Up Your Eyes) e Gavin Clark (protagonista di alcune delle cose migliori di questo lavoro, come Cut Me Loose ed Against The Grain). Non è un disco eccezionale, ci sono alcune cose che sembrano esercizi di stile, più che intuizioni davvero interessanti, ma nel complesso un ascolto lo vale, eccome.
A Hundred Million Suns è invece il nuovo lavoro degli Snow Patrol, alfieri della scena rock britannica di basso profilo. Un album solido, godibile, magari non originalissimo (le influenze ci sono e si sentono, dagli U2 ai Coldplay, mentre alcune tracce come Lifeboats e Set Down Your Glass fanno pensare alle ballate di Beck), e forse un po' troppo ripetitivo (il singolo Take Back The City, ad esempio, funziona così bene che Disaster Button ha un ritornello praticamente identico).
Ed ora ricomincio ad ascoltare i Cure...
A HUNDRED MILLION SUNS/SNOW PATROL
END TITLES... STORIES FOR FILM/UNKLE
RIFERIMENTI
BECK,
BRIT POP,
COLDPLAY,
DISCHI,
ELETTRONICA,
ROCK,
SNOW PATROL,
THE CURE,
U2,
UNKLE
24/10/08
MUSICA: 4:13 DREAM/THE CURE
Ho avuto la fortuna di ascoltarlo per la prima volta dal vivo, poco più di 10 giorni fa. Ora ho il cd tra le mani. Non nascondo un pizzico di emozione. Bello l'artwork.
Ecco 4:13 Dream, canzone per canzone:
01/UNDERNEATH THE STARS
Il lungo intro strumentale (che la dice lunga su quanto la nuova scena del rock strumentale, dai Mogwai fino a God Is An Astronaut, debba ai Cure) sale morbido sino al crescendo che conduce alla voce di Robert Smith, annegata negli effetti di eco lontane. Inconfondibile.
02/THE ONLY ONE
Il primo singolo tratto dall'album, uscito lo scorso maggio. Ricorda High, da Wish. Solare, divertente, melodica. L'anima pop dei Cure.
03/THE REASONS WHY
Il suono è quello di The Cure del 2004. Rock, senza tante concessioni, quasi scarno. Il testo è oscuro, molto più di quanto l'andamento del brano potrebbe far pensare.
04/FREAKSHOW
Ascoltata fuori dal contesto, come singolo, sembrava quasi uno scherzo. Inserita nell'album acquista valore: è ironica e scanzonata, sì, ma è un gioellino di follia psichedelica, quasi teatrale. Dal vivo, infatti Robert la recita, più che cantarla...
05/SIRENSONG
Uno dei pezzi migliori del disco, sin dal primo ascolto. L'incedere della base ritmica ricorda Jupiter Crash da Wild Mood Swing, quasi un valzer. Il testo e la melodia sono intensi, romantici, persi.
06/THE REAL SNOW WHITE
Ancora un pezzo rock, molto suonato, solido, essenziale. Uno dei manifesti del sound dell'attuale band a quattro elementi.
07/THE HUNGRY GHOST
Introdotta da un buon riff, è uno dei brani più radiofonici dell'album. Il cantato è melodico, con la voce di Robert Smith che si spinge in alto, forse fin troppo.
08/SWITCH
Chitarra distorta, batteria ossessiva, basso sostenuto. All'inizo ricorda qualcosa dei New Order di Get Ready, poi si contorce sul suo ritmo. Niente male.
09/THE PERFECT BOY
Melodica, immediata, assolutamente pop. L'ultimo singolo della serie, prima dell'uscita dell'album. Non è memorabile, certo, ma le radio ci vanno a nozze, ed infatti si sente spesso.
10/THIS. HERE AND NOW. WITH YOU
Fa pensare ad alcune cose da Kiss Me Kiss Me Kiss Me, con le parole del testo incastrate come tessere di un mosaico, ed il lungo ritornello in crescendo. C'è da giurare che Robert si sia divertito un sacco a scriverla e cantarla.
11/SLEEP WHEN I'M DEAD
Il migliore dei 4 singoli a cadenza mensile usciti per presentare l'album, secondo me. Pare risalga addirittura al periodo di The Head On The Door del 1985. Il ritornello è etereo, quasi distaccato dal resto della canzone, che si appoggia su un riff secco, che sa di classic rock.
12/THE SCREAM
L'ho pensato dal vivo, lo confermo su disco. Il pezzo migliore dell'album. Anzi, una delle cose più belle della produzione recente dei Cure. Parte piano piano, con un ritmo che trasuda alienazione e ricorda i suoni di Seventeen Seconds, e cresce, fino a scoppiare letteralmente in un urlo liberatorio, drammatico, violento. Mi ha fatto pensare a Forever, b-side disperso nella discografia del gruppo, ai tempi di Pornography o giù di lì. C'è quella stessa intensità, quella voglia di combattere questo malessere, trovare una cura... Fantastica.
13/IT'S OVER
Il finale che non ti aspetti: un pezzo da apertura, rumoroso, fragoroso, veloce, a tratti rabbioso. Il suono distorto riporta a Wish, mentre il cantato concitato si spinge ancora più lontano, fino a Shiver And Shake da Kiss Me, o Give Me It da The Top. Nonostante il titolo ed il testo, più che la fine, sembra un nuovo inizio, un'anticipazione, un passaggio. Un assaggio, di quello che sarà il futuro?
Questo è 4:13 Dream. Dopo giusto un paio d'ascolti, a caldo.
21/10/08
MUSICA: ASCOLTI MULTIPLI #4
GLÚMUR/SPRENGJUHÖLLIN
Partiamo da nord, imbucandoci in un vulcano come gli esploratori del film Viaggio al Centro della Terra del 1959 tratto dall'omonimo romanzo di Jules Verne, in compagnia degli Sprengjuhöllin: il nome non lascia dubbi, vengono dall'Islanda, terra incredibilmente fertile negli ultimi anni, specie se si considera che la popolazione è di appena poche centinaia di migliaia di persone. Tutte con una spiccata attitudine alla musica di qualità, però, a quanto pare. Questa nuova band non è certo geniale come Björk o evocativa come i Sigur Rós, ma ascoltarli è piacevole: suonano un pop-rock anni '60 fin troppo semplice a volte, ma efficace. La scelta di cantare in islandese (tranne che in un brano) è ardita, perchè senza falsetti all'altezza di quelli di Jónsi Þór Birgisson la madrelingua risulta poco melodica e difficile da assimilare, ma alla fine comunque paga. Sembra di ascoltare i Beatles doppiati in tedesco, insomma, ma ci si diverte.
Rimaniamo su queste latitudini, e più precisamente in Svezia, con Hernam Düne, band svedese, sì, ma che pare capitata lì per caso, proveniente dal Centro-America: il suono di Next Year In Zion, infatti, sembra perfetto per la colonna sonora di un film Tex-Mex a basso costo, denso com'è di influenze western, latine, addirittura caraibiche. Un raggio di sole, tenue, per scaldare dal freddo, che alla lunga però diventa noioso. Poi mi è capiatato di ascoltare il disco nato dalla collaborazione di David Byrne e Brian Eno, Everything That Happens Will Happen Today. Un album di ballate fondamentalmente, o se preferite di "gospel elettronico", come l'hanno definito gli stessi autori (una su tutte One Fine Day). Buone anche Wanted For Life, che sembra scambiare influenze con Modest Mouse ed Okkervil River (che qualche ascolto ai Talking Heads devono pur averlo riservato), la poliedrica I Feel My Stuff e Poor Boy, ponte tra il sound eighties (come le percussioni stile tribale) e l'elettronica dei giorni nostri. Un buon lavoro, senz'altro, ma che non colpisce, e non stupisce. Ho ascoltato Caught In The Trees di Damien Jurado, cantautore americano che ricorda Ryand Adams, ruvido e diretto, ma un po' banale: a dire il vero non mi ha lasciato granchè, al momento in cui scrivo non rammento neanche un pezzo. Magari lo riascolto con calma. Perfect Symmetry è invece il nuovo album dei Keane, che evidentemente s'inserisce nel solco del precedente Under The Iron Sea, tanto che, a parte un paio di spunti diversi (la scoppiettante Spiralling, il singolo, e Better Than This, che fa pensare al David Bowie dei primi anni ottanta), ti aspetti di sentire da un momento all'altro "Oh crystal ball, crystall ball" ad ogni ritornello. Infine, giusto una segnalazione, perchè di un classico del genere non mi permetto di fare commenti: il Live At Shea Stadium dei Clash, qui davvero all'apice della loro grandezza.
CAUGHT IN THE TRESS/DAMIEN JURADO
EVERYTHING THAT HAPPENS WILL HAPPEN TODAY/DAVID BYRNE & BRIAN ENO
NEXT YEAR IN ZION/HERMAN DÜNE
PERFECT SYMMETRY/KEANE
SPRENGJUHÖLLIN/SPRENGJUHÖLLIN
LIVE AT SHEA STADIUM/THE CLASH
RIFERIMENTI
DAVID BOWIE,
DAVID BYRNE,
DISCHI,
ISLANDA,
NORD,
POP,
ROCK,
SIGUR RÓS,
THE CLASH
13/10/08
CONCERTI: THE CURE/COCA-COLA LIVE@MTV/ROMA
THE SCREAM
Il 23 Ottobre esce il nuovo album dei Cure, 4:13 Dream, e così Robert Smith ha approfittato del grande carrozzone di MTV per presentare dal vivo, in anteprima, i nuovi brani. La scaletta della prima parte del concerto infatti, ricalca per intero la tracklist del nuovo disco. Ascoltato dal vivo, 4:13 Dream fa l'effetto di un buon vino rosso. La prima impressione è notevole: l'etichetta ed il bouquet sono di prim'ordine. La traccia d'apertura, Underneath The Stars, è amabile: il lungo, inconfondibile intro strumentale si arricchisce di sentori di Mogwai e God Is An Astronaut. Poi la sensazione in bocca si fa pop: una sofferta The Only One (ammettiamolo, Robert è un po' giù di voce), che diventa meno zuccherina e forse ci guadagna, The Reason Why, Freakshow, Switch, fino a The Perfect Boy. Melodie rotonde, suoni fruttati, dolci, facili.
Sul finire, però, il retrogusto si affina. Sleep When I'm Dead (personalmente lo considero il migliore dei 4 singoli già usciti) è rock, tannico. The Scream è il punto più alto : Il sapore aspro e deciso riporta alla mente note giovani, passate, ma ancora persistenti, come quelle di Pornography. Come un buon vino rosso, dicevamo, questo nuovo lavoro ha bisogno di respirare, decantare, per poi rivelare completamente la sua importante struttura.
Robert dice: thank you, that was 4:13 Dream, see you in a second...
Come un brindisi, Lullaby apre la seconda parte dello show. La gente è tanta, si dice 100.000 persone, ma si sta bene, c'è aria da respirare e spazio per muoversi. Si prosegue pescando a piene mani tra i ricordi: Fascination Street, The Walk, Love Song, una splendida esecuzione di Just Like Heaven. Boys Don't Cry chiude lo show. Quasi due ore, alla faccia di chi pensava che avrebbero suonato solo 3 o 4 pezzi. Chi li conosce lo sa, i Cure sul palco non tradiscono mai. Ora non resta che aspettare: 10 giorni, e si passa in enoteca... Ehm, al negozio di dischi, a prendere 4:13 Dream.
THE CURE/COCA-COLA LIVE@MTV/ROMA, 11 OTTOBRE 2008
UNDERNEATH THE STARS
THE ONLY ONE
THE REASONS WHY
FREAKSHOW
SIRENSONG
THE REAL SNOW WHITE
THE HUNGRY GHOST
SWITCH
THE PERFECT BOY
THIS. HERE AND NOW. WITH YOU
SLEEP WHEN I'M DEAD
THE SCREAM
IT'S OVER
LULLABY
FASCINATION STREET
WRONG NUMBER
THE END OF THE WORLD
THE WALK
LOVESONG
FRIDAY I'M IN LOVE
IN BETWEEN DAYS
JUST LIKE HEAVEN
BOYS DON'T CRY
10/10/08
ARTE: BASQUIAT/PALAZZO RUSPOLI
Proprio ieri, per rinfrescare un po' la mia memoria sempre troppo corta, ho rivisto il film biografico di Julian Schnabel: la vita, breve ma intensa di Jean-Michel Basquiat, somiglia più alla storia di una rockstar maledetta, nell'accezione più letteraria del termine, che a quella di un pittore contemporaneo. Le origini povere, il talento grezzo, le prime clandestine esibizioni, il successo improvviso, il voltafaccia della critica, il declino e l'autodistruzione. C'è tutto. Ed anche le sue opere, in fondo, sono come delle canzoni pop: immediate, esplosive, violente, ripetitive. Eppure sempre diverse. E ci si scopre così conquistati dai suoi slogan, semplici e geniali, che restano in testa alla stregua di un ritornello perfetto, come quello che fa da titolo e da filo conduttore della mostra, TO REPEL GHOSTS (fantasmi da scacciare). Le figure, a volte solo accennate, a volte ritoccate così profondamente da sovrapporsi, appaiono infantili eppure inquietanti, rappresentazione di corpi frammentati e ridotti ai minimi termini, specchio fedele dell'interno, dell'animo dell'artista.
In termini pratici, la rassegna in scena a Palazzo Ruspoli è buona, coerente, magari non strepitosa come quella che il Chiostro del Bramante ospitò qualche anno fa, ma una visita la vale comunque. Interessanti anche le foto di Michael Halsband che aprono il percorso, che ritraggono Basquiat con Andy Warhol, e durante il suo soggiorno italiano. Il biglietto d'ingresso costa 10 Euro.
JEAN-MICHEL BASQUIAT/FANTASMI DA SCACCIARE
2 OTTOBRE/1 FEBBRAIO 2008
PALAZZO RUSPOLI
VIA DEL CORSO, 418 - ROMA
07/10/08
MUSICA: PLAYLIST/OTTOBRE
La playlist che gira nel mio iPod, ora:
01. UNDERNEATH THE STARS/THE CURE
(4:13 DREAM)
02. BATCAT/MOGWAI
(THE HAWK IS HOWLING)
03. SEX ON FIRE/KINGS OF LEON
(ONLY BY THE NIGHT)
04. SINGER SONGWRITER/OKKERVIL RIVER
(THE STAND INS)
05. IT'S MY OWN CHEATING HEART THAT MAKES ME CRY/GLASVEGAS
(GLASVEGAS)
06. LOST!/COLDPLAY
(VIVA LA VIDA/DEATH AND ALL HIS FRIENDS)
07. FALLING DOWN/OASIS
(DIG OUT YOUR SOUL)
08. TOMATO IN THE RAIN/KAISER CHIEFS
(OFF WITH THIER HEADS)
09. MAGIC/LADYHAWKE
(LADYHAWKE)
10. WHITE WINTER HYMNAL/FLEET FOXES
(FLEET FOXES)
11. SONG TO SELF/TRAVIS
(ODE TO J.SMITH)
12. HANDS ON US/THE NOTWIST
(THE DEVIL, YOU + ME)
03/10/08
MUSICA: ASCOLTI MULTIPLI #3
WHITE WINTER HYMNAL/FLEET FOXES
Oltre ai Kaiser Chiefs, oggi ascolto anche TV On The Radio. Mi capitò di vederli dal vivo, nel 2004, quando aprirono il concerto dei Muse. C'erano anche gli Zutons, ed allora io non sapevo nemmeno chi fossero gli uni e quali gli altri. Il nuovo album s'intitola Dear Science, e le sonorità riprendono quelle del precedente, riuscito Return To Cookie Mountain, e si fanno ancora più elaborate: il collettivo di Brooklyn mescola infatti elementi rock, funk, drum'n'bass e black con grande disinvoltura. L'andamento delle basi ritmiche e delle liriche è ora incalzante, come in Dancing Choose, ora suadente, come nella suggestiva Lover's Day. Magari non c'è una Wolf Like Me, un singolo perfetto, ma è comunque un buon disco.
Ieri invece, dietro il consiglio d'una mente illuminata, mi ero perso tra le note di To Survive di Joan Wasser, aka Joan As Police Woman (secondo lavoro dopo il debutto del 2006 con Real Life), pseudonimo che appare quasi come un monito. E difatti la sua musica è inquieta e profonda, e ricorda per certi versi quella di Fiona Apple. Da ascoltare, anche dal vivo, visto che sarà a Roma al Circolo degli Artisti il prossimo 24 novembre.
Infine, ho sentito anche il disco omonimo dei Fleet Foxes, in motorino con l'iPod. Un folk-rock vocale, quello della band di Seattle, caldo, tradizionale. Altro che traffico, veniva voglia di chiudere gli occhi ed immaginare scenari da road movie americano, se non fosse stato per la paura di tamponare una Punto grigia. White Winter Hymnal, un piccolo capolavoro, è già un classico.
FLEET FOXES/FLEET FOXES
TO SURVIVE/JOAN AS POLICE WOMAN
DEAR SCIENCE,/TV ON THE RADIO
RIFERIMENTI
CIRCOLO DEGLI ARTISTI,
DISCHI,
iPOD,
ROCK,
TV ON THE RADIO
MUSICA: OFF WITH THEIR HEADS/KAISER CHIEFS
Il nome Kaiser Chiefs viene dalla squadra di calcio in cui lo storico capitano sudafricano del Leeds United degli anni '90, Lucas Radebe, militava ad inizio carriera. Forse anche per questo, mi sono diventati subito molto simpatici. E quando li ho visti dal vivo al Circolo degli Artisti, ai tempi del primo album, Employment, ho pensato che questi ragazzi avessero qualcosa in più di tanti altri gruppi venuti alla ribalta negli ultimi tempi. Di recente, durante una conversazione in autostrada, dalle parti del lago d'Iseo, mi è capitato di definirli i nuovi Blur. Ed ora ne sono ancora più convinto: i Kaiser Chiefs sono oggi quello che la band di Damon Albarn rappresentava nello scorso decennio, ovvero una delle migliori espressioni del pop britannico. Ed infatti, ascoltando Off With Their Heads, i paragoni con titoli storici del periodo britpop, come Parklife e The Great Escape, vengono sin troppo facili. Il disco è un concentrato di potenziali hit, a partire dalla prima traccia, Spanish Metal, con le tastiere esotiche di Nick Peanut Baines a segnare il ritmo. Il singolo, Never Miss A Beat, è costruito su un riff di chitarra che riporta alla mente i R.E.M. più rock. You Want History, con le sue percussioni ed l'incedere quasi disco, mi fa pensare ai MGMT ed alla nuova ondata stile summer of love. Le melodie, come nella migliore tradizione d'oltremanica, sono ricercate: una su tutte, quella di Tomato In The Rain, il pezzo migliore dell'album, a partire dal titolo. Anche la voce di Ricky Wilson, lasciata (parzialmente) da parte la tendenza al coro da stadio (l'Elland Road di Leeds, naturalmente), appare più matura e coinvolgente. La squadra è cresciuta, la qualificazione alla Champions League sembra un traguardo sempre più vicino. Il disco, ufficialmente, esce tra 10 giorni, ed è già finito nella mia whislist.
NEVER MISS A BEAT
02/10/08
VIDEO: RECKONER/RADIOHEAD
Radiohead - Reckoner - by Clement Picon
É nato da un concorso per video d'animazione lanciato sul sito dei Radiohead, ed è stato promosso a video ufficiale, perchè Thom Yorke l'ha visto e gli è piaciuto. Personalmente ho sempre considerato questo pezzo il più bello di In Rainbows, sin dal secondo ascolto. Le tastiere che sottolineano il ritornello finale, mi fanno venire da piangere. Ogni volta.
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